incontri
Dopo la fine della scorsa edizione, ci siamo interrogati spesso sul senso del nostro festival, ponendoci in una condizione critica rispetto a quello che stiamo provando a costruire. Avere un punto di vista obliquo sulla realtà, filtrata attraverso il teatro e sul teatro stesso, è stato sempre il nostro fattore specifico, quello che rende “bastardo” il nostro festival. In fin dei conti questa è la vera novità che cerchiamo di suggerire in contrapposizione a parole come “eventi”, “festival”, “manifestazioni culturali” che suonano ormai fin troppo inflazionate. Partendo da queste considerazioni, abbiamo deciso di ripartire da un esercizio di autocritica, riflettendo su quello che stiamo tentando di realizzare. Ci siamo chiesti: ma di Teatro Bastardo c’è veramente bisogno? Di festival ce ne sono tanti e talvolta il loro proliferare sembra rispondere a un bisogno culturale più indotto che reale, perfettamente in linea con una logica consumistica dalla quale vogliamo prendere nettamente le distanze.
Teatro Bastardo nasce come festival di ricerca e di sperimentazione con l’intento di provocare punti di domanda, per riflettere insieme sulla direzione e su cosa sia oggi il teatro contemporaneo, mettendo in scena le proposte più diverse del panorama artistico nazionale e internazionale. Ma quello che promuove Teatro Bastardo si può ancora chiamare “teatro” (almeno nel senso in cui è stato sempre usato questo termine)? O sarebbe meglio invece parlare di performance (parola abusatissima e spesso usata come termine ombrello per dire tutto e nulla allo stesso tempo)? E se è performance, allora che cos’è la performance? O meglio: che cos’è questo nuovo ibrido chiamato teatro performativo? Non v’è dubbio che stiamo attraversando un passaggio epocale nel quale questa forma d’arte (il teatro?) tenta di ridefinirsi, scrollandosi di dosso una patina di muffa e l’odore di stantio che l’hanno confinata nell‘alveo delle “arti nobili” ma secondarie. Di fatto l’operazione intelligente che sta tentando di compiere il teatro contemporaneo, cercando di fornire nuove energie e nuova dignità a se stesso, è di andare coraggiosamente contro il teatro stesso, o meglio, di andare contro un certo tipo di teatro, ricercando nuove forme di espressione, di linguaggi e di significati, diversi dal passato. In questo senso crediamo che anche Teatro Bastardo sia un festival contro il teatro, un festival che non ha paura di addentrarsi nelle zone di confine, dove il teatro muore per trasformarsi e trovare la sua ragion d’essere proprio nel presidiare questa soglia.
Per questo motivo ci stiamo interrogando anche sul senso di quegli elementi strutturali che rappresentano l’ossatura di un festival. Il “tema”, le “sezioni”, hanno motivo di esistere ancora in un festival fluido come aspira ad essere il nostro? D’altronde, essere un festival piccolo e riuscire a sopravvivere all’interno della rosa delle “manifestazioni culturali” comporta la costruzione di una rete con istituzioni pubbliche e private, alimentarla, farla crescere e sforzarsi di mantenerla nel tempo, dato che senza il sostegno di queste realtà, “probabilmente”, un piccolo festival come il nostro sarebbe votato all’estinzione. Purtroppo, lavorare in questa direzione e trovare il sostegno necessario non è sempre facile. Non solo perché in Teatro Bastardo è insito il germe del rischio e del pericolo, ma anche perché i nostri interessi a volte possono essere una “scommessa in perdita”.
Il nostro è necessariamente un discorso politico prima ancora che economico o di costume. Un discorso che rischia di interrompersi senza il sostegno e la lungimiranza delle istituzioni. Quest’anno, grazie all’aiuto del Teatro Biondo e degli altri partner che hanno creduto nella nostra “scommessa”, abbiamo realizzato un’edizione (breve) intensa e dinamica, provocatoriamente nel segno della “crisi” del teatro stesso e della sua fruizione. Per il futuro ci auguriamo, per noi e per le promettenti realtà locali, che si prevedano ancora nuovi spazi di programmazione nell’agenda culturale cittadina con prospettive durature d’investimento. Sarebbe davvero un peccato trascurare esperimenti artistici che tentano di esaudire una sempre più matura domanda culturale della città, ma diverrebbe ancora più preoccupante rinunciarci del tutto. Giovanni Lo Monaco
TEATRO BASTARDO
IV EDIZIONE: UN FESTIVAL CONTRO IL TEATRO
7 - 11 novembre 2018
Palermo
direzione artistica | Giovanni Lo Monaco
direzione organizzativa | Giovanna La Barbera
produzione | Agnese Gugliara
comunicazione | Giulia D’oro
progetto grafico | Donato Faruolo
website e coordinamento comunicazione | Roberto Speziale
promozione | Chiara Bonanno
fotografi | Fiorella Ippolito, Francesco Romeo
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TEATRO BASTARDO
IV EDIZIONE: UN FESTIVAL CONTRO IL TEATRO
7 - 11 novembre 2018
Palermo
direzione artistica | Giovanni Lo Monaco
direzione organizzativa | Giovanna La Barbera
produzione | Agnese Gugliara
comunicazione | Giulia D’oro
progetto grafico | Donato Faruolo
website/coordinamento comunicazione | Roberto Speziale
promozione | Chiara Bonanno
fotografi | Fiorella Ippolito, Francesco Romeo
Dopo la fine della scorsa edizione, ci siamo interrogati spesso sul senso del nostro festival, ponendoci in una condizione critica rispetto a quello che stiamo provando a costruire. Avere un punto di vista obliquo sulla realtà, filtrata attraverso il teatro e sul teatro stesso, è stato sempre il nostro fattore specifico, quello che rende “bastardo” il nostro festival. In fin dei conti questa è la vera novità che cerchiamo di suggerire in contrapposizione a parole come “eventi”, “festival”, “manifestazioni culturali” che suonano ormai fin troppo inflazionate.
Partendo da queste considerazioni, abbiamo deciso di ripartire da un esercizio di autocritica, riflettendo su quello che stiamo tentando di realizzare. Ci siamo chiesti: ma di Teatro Bastardo c’è veramente bisogno? Di festival ce ne sono tanti e talvolta il loro proliferare sembra rispondere a un bisogno culturale più indotto che reale, perfettamente in linea con una logica consumistica dalla quale vogliamo prendere nettamente le distanze.
Teatro Bastardo nasce come festival di ricerca e di sperimentazione con l’intento di provocare punti di domanda, per riflettere insieme sulla direzione e su cosa sia oggi il teatro contemporaneo, mettendo in scena le proposte più diverse del panorama artistico nazionale e internazionale. Ma quello che promuove Teatro Bastardo si può ancora chiamare “teatro” (almeno nel senso in cui è stato sempre usato questo termine)? O sarebbe meglio invece parlare di performance (parola abusatissima e spesso usata come termine ombrello per dire tutto e nulla allo stesso tempo)? E se è performance, allora che cos’è la performance? O meglio: che cos’è questo nuovo ibrido chiamato teatro performativo?
Non v’è dubbio che stiamo attraversando un passaggio epocale nel quale questa forma d’arte (il teatro?) tenta di ridefinirsi, scrollandosi di dosso una patina di muffa e l’odore di stantio che l’hanno confinata nell‘alveo delle “arti nobili” ma secondarie. Di fatto l’operazione intelligente che sta tentando di compiere il teatro contemporaneo, cercando di fornire nuove energie e nuova dignità a se stesso, è di andare coraggiosamente contro il teatro stesso, o meglio, di andare contro un certo tipo di teatro, ricercando nuove forme di espressione, di linguaggi e di significati, diversi dal passato. In questo senso crediamo che anche Teatro Bastardo sia un festival contro il teatro, un festival che non ha paura di addentrarsi nelle zone di confine, dove il teatro muore per trasformarsi e trovare la sua ragion d’essere proprio nel presidiare questa soglia.
Per questo motivo ci stiamo interrogando anche sul senso di quegli elementi strutturali che rappresentano l’ossatura di un festival. Il “tema”, le “sezioni”, hanno motivo di esistere ancora in un festival fluido come aspira ad essere il nostro? D’altronde, essere un festival piccolo e riuscire a sopravvivere all’interno della rosa delle “manifestazioni culturali” comporta la costruzione di una rete con istituzioni pubbliche e private, alimentarla, farla crescere e sforzarsi di mantenerla nel tempo, dato che senza il sostegno di queste realtà, “probabilmente”, un piccolo festival come il nostro sarebbe votato all’estinzione. Purtroppo, lavorare in questa direzione e trovare il sostegno necessario non è sempre facile. Non solo perché in Teatro Bastardo è insito il germe del rischio e del pericolo, ma anche perché i nostri interessi a volte possono essere una “scommessa in perdita”.
Il nostro è necessariamente un discorso politico prima ancora che economico o di costume. Un discorso che rischia di interrompersi senza il sostegno e la lungimiranza delle istituzioni. Quest’anno, grazie all’aiuto del Teatro Biondo e degli altri partner che hanno creduto nella nostra “scommessa”, abbiamo realizzato un’edizione (breve) intensa e dinamica, provocatoriamente nel segno della “crisi” del teatro stesso e della sua fruizione. Per il futuro ci auguriamo, per noi e per le promettenti realtà locali, che si prevedano ancora nuovi spazi di programmazione nell’agenda culturale cittadina con prospettive durature d’investimento. Sarebbe davvero un peccato trascurare esperimenti artistici che tentano di esaudire una sempre più matura domanda culturale della città, ma diverrebbe ancora più preoccupante rinunciarci del tutto. Giovanni Lo Monaco