«Cos’è il teatro?!» Questa la domanda alla quale tentò di rispondere Carmelo Bene durante un ciclo di lezioni tenute nel 1990 a Roma, i cui temi echeggiavano già in un suo incontro con gli studenti all’Ex Cotonificio Veneziano, avvenuto nel 1989 quando era direttore della Biennale Teatro. «Il teatro è questo, è l’incomprensione della vita elevata al cubo [...], della vita che resta fuori dal nostro vivere quotidiano, ma è proprio l’essenziale che resta fuori dalla vita e così nello spettacolo resta fuori l’essenziale. Il “Teatro senza spettacolo” non è altro che il recupero di questo essenziale che non è spettacolo. [...] E poi mi si dice che non parlo chiaro».
Spesso mi capita di pensare, riflettendo sulla ricerca che tentiamo di compiere mediante Teatro Bastardo, alla definizione di questo interessantissimo concetto di “Teatro senza spettacolo”. Ci penso perché in realtà il “Teatro senza spettacolo” non era nulla. Era solo un azzardo speculativo con un intento assolutamente provocatorio, che fu frainteso da tutti, come spiegò in seguito Edoardo Fadini, grande critico e intimo amico di Carmelo Bene. In realtà quello che perseguiva il grande maestro era un’idea di teatro scisso dal pubblico. Per lui il teatro "davanti" a un pubblico diveniva quella cosa abominevole che è lo spettacolo, ovvero una degenerazione del Teatro stesso, quasi una sorta di prostituzione. Mentre togliendo il pubblico, secondo Bene, ciò che sarebbe rimasto sarebbe stato solo il “Teatro puro, il Teatro senza contaminazioni”. Ovviamente questo è un modo di pensare incomprensibile per chi non ha compiuto il suo percorso di ricerca, ma può divenire uno spunto di riflessione importante sul teatro contemporaneo e sulle strade che sta intraprendendo.
Il Festival Teatro Bastardo, di fatto già dall’anno scorso con la sua prima edizione, ha tentato di creare piccole incrinature di senso (percettive ed emotive) per aprire spiragli nella dura superficie di un sistema conservativo, riluttante all’indignazione, insensibile allo scempio dentro cui si dibatte, incapace di sottrarsi al triste spettacolo che dà di sé: un Teatro senza Teatro. Quindi, lungi dal volere ricercare la vera essenza del teatro (questo lo lasciamo fare a chi ne ha le competenze), dalla lezione di Carmelo Bene, il nostro festival acquisisce innanzitutto la “necessità” della provocazione, laddove questa si pone come grimaldello per espungere i tarli dell’assuefazione allo status quo. Il tema del confine, che quest’anno verrà declinato in diversi modi, all’interno degli incontri e degli spettacoli in programma, ancora una volta è pretesto per svelare vuoti di senso, coni d’ombra perimetrali dove si manifestano i non-luoghi, che non sappiamo più riconoscere, comprendere, abitare, perché troppo abituati all’ovvio, all’ordinario. Spinti da questo bisogno di “sconfinare”, in collaborazione con la Rete Latitudini, stiamo cercando di valorizzare sempre più l’identità migrante del nostro festival, che se da un lato è nato a Palermo, come costola del Sicilia Queer Filmfest, continua a "colonizzare" spazi diversi della cultura, spingendosi quest’anno verso la Sicilia orientale, condividendo il proprio programma e aprendo cantieri di idee in altre realtà.
Il Festival Teatro Bastardo, articolato in sezioni, accoglierà nomi tra i più interessanti della nuova scena teatrale italiana, rappresentativi di un comune bisogno di sperimentazione e ricerca, proponendo artisti e allestimenti capaci di raccontare le incrinature presenti nel quotidiano, narrando la deriva, lo "sfrantumarsi" dei sistemi valoriali in cui fino all’altro giorno ancora credevamo. Se è vero che stiamo attraversando un momento di crisi sistemica che investe tutto e tutti e che ha un riverbero su ogni piano (economico, politico, culturale), cosa dovrebbe fare il Teatro oggi se non denudare questo passaggio, scoprendone gli intoppi, le falle del cammino? Cos'è il Teatro contemporaneo se non ha il coraggio di denunciare questo enorme collasso sociale? Teatro Bastardo, con la sua seconda edizione, s’incunea in questi interstizi, provando a mettere in scena linguaggi ibridi e diversi, in grado di narrare le marginalità, le differenze, partendo spesso dalla quotidianità ma trasformandola in metafora di un’umanità più vasta: la nostra. Giovanni Lo Monaco
TEATRO BASTARDO
LA SCENA CONTEMPORANEA
DIVERGENTE
5 - 22 ottobre 2017
Palermo
direzione artistica | Giovanni Lo Monaco
direzione organizzativa | Giovanna La Barbera
produzione | Agnese Gugliara
comunicazione | Giulia D’oro
responsabile ospitalità | Maurizio Giambalvo
progetto grafico | Donato Faruolo
website e coordinamento comunicazione | Roberto Speziale
fotografo | Angelo De Stefani
promozione | Chiara Bonanno
responsabile volontari | Eleonora Giammanco
volontari | Marco Criscì, Alessia Maddalena, Elisa Massara, Simona Mazzara, Martina Pandolfo
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TEATRO BASTARDO
LA SCENA CONTEMPORANEA
DIVERGENTE
5 - 22 ottobre 2017
Palermo
direzione artistica | Giovanni Lo Monaco
direzione organizzativa | Giovanna La Barbera
produzione | Agnese Gugliara
comunicazione | Giulia D’oro
responsabile ospitalità | Maurizio Giambalvo
progetto grafico | Donato Faruolo
website/coordinamento comunicazione | Roberto Speziale
fotografo | Angelo De Stefani
promozione | Chiara Bonanno
responsabile volontari | Eleonora Giammanco
volontari | Marco Criscì, Alessia Maddalena, Elisa Massara, Simona Mazzara, Martina Pandolfo
«Cos’è il teatro?!» Questa la domanda alla quale tentò di rispondere Carmelo Bene durante un ciclo di lezioni tenute nel 1990 a Roma, i cui temi echeggiavano già in un suo incontro con gli studenti all’Ex Cotonificio Veneziano, avvenuto nel 1989 quando era direttore della Biennale Teatro. «Il teatro è questo, è l’incomprensione della vita elevata al cubo [...], della vita che resta fuori dal nostro vivere quotidiano, ma è proprio l’essenziale che resta fuori dalla vita e così nello spettacolo resta fuori l’essenziale. Il “Teatro senza spettacolo” non è altro che il recupero di questo essenziale che non è spettacolo. [...] E poi mi si dice che non parlo chiaro».
Spesso mi capita di pensare, riflettendo sulla ricerca che tentiamo di compiere mediante Teatro Bastardo, alla definizione di questo interessantissimo concetto di “Teatro senza spettacolo”. Ci penso perché in realtà il “Teatro senza spettacolo” non era nulla. Era solo un azzardo speculativo con un intento assolutamente provocatorio, che fu frainteso da tutti, come spiegò in seguito Edoardo Fadini, grande critico e intimo amico di Carmelo Bene. In realtà quello che perseguiva il grande maestro era un’idea di teatro scisso dal pubblico. Per lui il teatro "davanti" a un pubblico diveniva quella cosa abominevole che è lo spettacolo, ovvero una degenerazione del Teatro stesso, quasi una sorta di prostituzione. Mentre togliendo il pubblico, secondo Bene, ciò che sarebbe rimasto sarebbe stato solo il “Teatro puro, il Teatro senza contaminazioni”. Ovviamente questo è un modo di pensare incomprensibile per chi non ha compiuto il suo percorso di ricerca, ma può divenire uno spunto di riflessione importante sul teatro contemporaneo e sulle strade che sta intraprendendo.
Il Festival Teatro Bastardo, di fatto già dall’anno scorso con la sua prima edizione, ha tentato di creare piccole incrinature di senso (percettive ed emotive) per aprire spiragli nella dura superficie di un sistema conservativo, riluttante all’indignazione, insensibile allo scempio dentro cui si dibatte, incapace di sottrarsi al triste spettacolo che dà di sé: un Teatro senza Teatro. Quindi, lungi dal volere ricercare la vera essenza del teatro (questo lo lasciamo fare a chi ne ha le competenze), dalla lezione di Carmelo Bene, il nostro festival acquisisce innanzitutto la “necessità” della provocazione, laddove questa si pone come grimaldello per espungere i tarli dell’assuefazione allo status quo. Il tema del confine, che quest’anno verrà declinato in diversi modi, all’interno degli incontri e degli spettacoli in programma, ancora una volta è pretesto per svelare vuoti di senso, coni d’ombra perimetrali dove si manifestano i non-luoghi, che non sappiamo più riconoscere, comprendere, abitare, perché troppo abituati all’ovvio, all’ordinario. Spinti da questo bisogno di “sconfinare”, in collaborazione con la Rete Latitudini, stiamo cercando di valorizzare sempre più l’identità migrante del nostro festival, che se da un lato è nato a Palermo, come costola del Sicilia Queer Filmfest, continua a "colonizzare" spazi diversi della cultura, spingendosi quest’anno verso la Sicilia orientale, condividendo il proprio programma e aprendo cantieri di idee in altre realtà.
Il Festival Teatro Bastardo, articolato in sezioni, accoglierà nomi tra i più interessanti della nuova scena teatrale italiana, rappresentativi di un comune bisogno di sperimentazione e ricerca, proponendo artisti e allestimenti capaci di raccontare le incrinature presenti nel quotidiano, narrando la deriva, lo "sfrantumarsi" dei sistemi valoriali in cui fino all’altro giorno ancora credevamo. Se è vero che stiamo attraversando un momento di crisi sistemica che investe tutto e tutti e che ha un riverbero su ogni piano (economico, politico, culturale), cosa dovrebbe fare il Teatro oggi se non denudare questo passaggio, scoprendone gli intoppi, le falle del cammino? Cos'è il Teatro contemporaneo se non ha il coraggio di denunciare questo enorme collasso sociale? Teatro Bastardo, con la sua seconda edizione, s’incunea in questi interstizi, provando a mettere in scena linguaggi ibridi e diversi, in grado di narrare le marginalità, le differenze, partendo spesso dalla quotidianità ma trasformandola in metafora di un’umanità più vasta: la nostra. Giovanni Lo Monaco